In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli:
«Io sono la vite vera e il Padre mio è l’agricoltore. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.
Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.
Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli».
Gv 15, 1-8
A settembre ho fatto l’esperienza di andare in una vigna a vendemmiare: mi ha colpito vedere che i grappoli più maturi si staccavano facilmente dalla vite, mentre quelli ancora non pronti sembrava che opponessero resistenza al taglio. Sembrava che la vite in qualche modo conoscesse i suoi tralci e sapesse quando poteva lasciarli andare.
Ecco, se noi siamo quei grappoli, la vite è Gesù e c’è un vignaiolo sapiente che è il Padre, che cosa può farci ancora paura? Lui conosce i tempi e i modi della potatura, e la vite non cesserà di nutrirci finché non saremo pronti per partire.
Matteo