Vivere grazie a Dio

In quel tempo, i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao.

Gv 6,52-59

Il Vangelo di oggi è l’apice del cosiddetto discorso sul pane di vita del capitolo VI di Giovanni, che segue la moltiplicazione dei pani: mangiare il corpo di Cristo e bere il suo sangue non è opinabile. Mangiare e bere Cristo mi da la vita: quella vita che non tramonta, non perché sia esente da problemi, da dolori, da sofferenze, ma perché buca l’ellisse della vuota esistenza destinata alla morte. Tutto ciò che facciamo, lo facciamo per vivere ma ha la data di scadenza sopra, anche le cose che ci sembrano più belle. Nutrirci di Cristo inverte la prospettiva: si vive per morire, perché morendo si vive. E a morire non è l’io, la parte più vera di noi, ma l’ego, quel sistema di compensazioni che ci dovrebbero salvare dalla paura della morte e che invece la alimentano. Lasciando il controllo al Padre, facendo Pasqua, noi viviamo perché la data di scadenza la toglie solo Lui e tutto ciò che non è con Lui, muore. Chi mangia di Lui vivrà a causa Sua. Non c’è altra via.

Francesco