Vorrei restare sul Tabor

(Lc 9, 28-36)

Ognuno di noi ha delle relazioni privilegiate, delle zone di “comfort” nelle quali ci sentiamo liberi di essere pienamente noi stessi, ci sentiamo accolti e compresi. Sono relazioni difficili da trovare, ma facili da costruire, poiché si realizzano sulla salda roccia della verità e della fiducia. Capita, però, altrettanto spesso che la vita ci porti in direzioni diverse. Io non conosco la tua storia, ma so per certo che in un modo o nell’altro ti è capitato di trovarti in una situazione che avresti voluto durasse per sempre, ma la vita non ci permette di fermare il tempo anche se lo volessimo.
In questa seconda domenica di quaresima scopriamo che i sentimenti dei discepoli “prediletti” da Gesù – espressi, in particolare, da Pietro – sono proprio questi: voler fermare quel momento, dimorare su quel monte insieme a Gesù e alla manifestazione gloriosa della sua figliolanza divina. Ma facciamo un passo indietro: cos’è successo?
Prima di questo episodio, Gesù fa alcuni discorsi molto importanti. Prima di tutto annuncia ai discepoli la sua passione, chiedendo poi: “voi chi dite che io sia?”. La risposta a questa domanda è la “professione” di fede di Pietro che afferma: “Tu sei il Cristo di Dio”. Successivamente, Gesù dirà quali sono le condizioni per seguirlo (mica facili!).
Ed è proprio entrando in tutta questa vicenda, come se fosse la mia storia, che comprendo la paura e la voglia dei discepoli di rimanere sul monte insieme a Gesù, che è il loro amico, maestro e salvatore. Loro lo amano, di amore vero di cui solo Dio ci può essere testimone, ed allora non vogliono perderlo. Immagina che una persona che ti è sempre accanto in qualsiasi difficoltà debba partire per un lungo viaggio e si debba assentare per tanto tempo. Tu come reagiresti? Io esattamente come i discepoli. Però l’evangelista Luca ci dice che Pietro non aveva compreso nulla. Ma come?
Perché, come ci ha già dimostrato in altri passi del vangelo, ragiona da uomo, come è giusto che sia, ma si dimentica che le logiche di Dio sono più alte ed incomprensibili delle nostre. Pietro non aveva ancora compreso che seguendolo sarebbe sì passato anche lui per il suo Calvario, ma poi ci sarebbe stata anche per lui la Pasqua, attraverso la quale godere della gloria, che Dio gli aveva mostrato sul Tabor, per sempre.
Ora tocca a noi, coraggio!

Samuele